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Spunti di riflessione

 

Soft skills for hard world

Tutti coloro che operano professionalmente nell’area della impresa e della sua evoluzione avvertono che uno dei fronti più caldi nella dialettica del cambiamento ruota attorno al tema degli “skills”

Tutti coloro che operano professionalmente nell’area della impresa e della sua evoluzione avvertono che uno dei fronti più caldi nella dialettica del cambiamento ruota attorno al tema degli “skills”. In particolare sta scaldandosi il tema dell’equilibrio o integrazione tra “soft skills” e “hard skills”, intendendosi con ciò spesso la distinzione tra skills “hard” legati all’aggiornamento di competenze nell’area delle nuove tecnologie (digital skills, AI skills, machine learning skills, manage with robots skills, e poi l’uso delle stampanti 3D, i nuovi strumenti di archiviazione digitale, e così via), e skills “soft” legati al “fattore umano” incluso il grande capitolo delle relazioni, da quelle verticali (leadership) a quelle orizzontali (team) a quelle bottom-up (audit) .

Una fotografia dello stato delle cose ce la da una sintesi recente di McKinsey. Il titolo è già di per sé esplicito:

 

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Come a dire in sostanza che più si ha a che fare con “macchine non stupide”, più occorre implementare “soft skills”. Cosa intendono i redattori di McKinsey con soft skills? Ecco qua:

Softies: Social, emotional, and technological skills are becoming more crucial as intelligent machines take over more physical, repetitive, and basic cognitive tasks.

Una definizione un po' confondente, visto che tra le soft skills stanno si le dimensioni sociali ed emozionali (human side certamente) ma anche quelle “technological”: in realtà gli autori intendono con ciò sottolineare che non si tratta di contrapporre skill “umanistici” a skill “tecnici” ma di ricomporli, integrarli, armonizzarli. I due aspetti sono come Yin e yang, devono tenersi insieme ed insieme crescere. E questa è in effetti la vera sfida, non il contrapporre le due sfere. Certo, direte: ma come fa uno ad acquisire abilità in entrambi i settori e a ricomporli nella sua professionalità e cultura d’impresa? Ecco, forse dobbiamo smetterla di pensare a superuomini tesi a farsi dei Pico della Mirandola dei nostri giorni. Dobbiamo pensare seriamente ad una integrazione di team a competenze diversificate: la specie umana ha fatto della aggregazione e complementarietà sociale una sua carta vincente, ed è solo da un paio di secoli che mettiamo in evidenza l’individuo superuomo come modello di identificazione. Le aziende sono una realtà sociale, di team, di gruppo organizzato a competenze complementari che si fondono armonicamente se si crea una rete relazionale e un modello di comunicazione che genera involvement (non solo engagement) , scambio, progettualità comune. Ed è per questo, per alimentare la relazione e la progettualità che riproporziona le tecnologie e mezzo per un fine e non a magia di cui siamo affascinati succubi, che occorrono le “soft skills”. Leggiamo in questa chiave i dati sintetici di McKinsey.

Per prima cosa possiamo notare come benché gli skills “sociali ed emozionali” stiano prevalendo sulla grande moda dei due decenni precedenti del “cognitives skills” ( in linea peraltro con l’andamento dei focus di ricerca nella psicologia e nelle neuroscienze) , ancora troppo squilibrato è il rapporto tra questa area e quella “tecnologica”. Come detto, le due devono andare insieme:

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In secondo luogo possiamo notare che tra i “missing skills” stanno calando le forti tendenze dei decenni scorsi a trattare la componente “socioemozionale” in chiave logico-tecnica. Compresa la comunicazione, su cui le lezioni di “tecnica manipolativa” lasciano forse infine il posto alla dinamica relazionale vera e propria, che della comunicazione costituisce il vero micelio, e che è quella dimensione che oggi serve per dialogare con la tecnologia intelligente e dialogante:

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Infine, ed è l’indicatore più preoccupante, la distanza nella integrazione delle due dimensioni è maggiore dove esiste già una forte automazione. Come a dire che se non focalizziamo sulla necessità della ricomposizione dei due mondi, quello tecnologico laddove lasciato andare trova le sue soluzioni come accade per es. in Amazon. La tecnologia e hard skills arrivano da soli, i soft skills socio-emozionali e la integrazione dei due mondi occorre volerla e progettarla intenzionalmente e consapevolmente:

 

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In Execo stiamo lavorando su questa cruciale questione distinguendo tra competenze e capacità e lavorando sulle dinamiche generative dei team di scopo, per esempio. Ma anche proponendo seminari di scenario tesi a rendere consapevoli del cambiameto in atto e di come confrontarsi con le incertezze e le scelte che chiama a fare sia chi sta dentro che chi sta intorno ( come noi) alla realtà dell’Impresa umana e tecnica.

 

Giovanni Siri