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Spunti di riflessione

 

Quello che siamo in realtà

Perché ci vediamo diversi da quello che sembriamo in realtà?

A cura del Professor Giovanni Siri, esperto di processi di cultural change in tutte le sue declinazioni, generazione di vision e valori negli scenari e megatrend dei prossimi anni.

 

Perché ci vediamo diversi da quello che sembriamo in realtà?

Non si tratta di un difetto di ragionamento o di debolezza cognitiva: nessuno, nemmeno le persone più intelligenti e razionali ne sono esenti. L’effetto di “percezione errata” nasce da un sano bisogno di autoprotezione da una minaccia, la più grave che una persona possa correre sul piano psicologico: quella di dovere ammettere a sé stesi di essere fallito, impotente, incapace. Riguarda l’immagine di sé, la propria autostima: il fatto di sentire che siamo qualcosa di valore, di rispettabile, degno di esistere e di cercare il proprio successo.

È una minaccia profonda, una ferita narcisistica che può diventare mortale tanto da trascinare alla depressione e all’incapacità di prendere decisioni. Per difenderci, inconsciamente attiviamo meccanismi di autoprotezione altrettanto profondi, basilari come il bisogno di mangiare di fronte alla fame: se il corpo ha bisogno di mangiare e bere per sopravvivere e crescere, la nostra psiche ha bisogno di alimentarsi di fiducia e di autostima, di coltivare l’orto della immagine di sé immaginando sempre frutti splendidi ammirati dagli altri.

La cintura di sicurezza sono quindi gli altri: il confronto e il vedersi attraverso di loro. E anche ricevere fiducia in sé stessi attraverso il rapporto con loro: un capo che ci corregge ci può al tempo stesso dare fiducia perché ci dice che abbiamo sbagliato ma che possiamo correggerci, che lui ha fiducia nella nostra possibilità di farlo, che per lui vale la pena di investire del tempo nel correggerci. Certo, può anche segnalarci che è seccato per il tempo che “gli facciamo perdere” e quindi compromettere la nostra autostima.

Gli altri sono importanti anche in un secondo e più pericoloso senso: possono sostenere le barriere che erigiamo in difesa dalle nostre paure. In questo caso gli altri confermano le manovre di colpevolizzazione verso terzi e supportano le narrazioni che ci facciamo per fingerci forti quando temiamo di essere deboli. Vedasi il comportamento dei bambini, o le logiche dei social e dei no-vax tanto per dirne una.

In questi tempi allargare l’io al noi è salutare ed evita la fuga da una realtà, che è di per sé abbastanza intricata: se la complichiamo ulteriormente per custodire il nostro narciso rischiamo di aumentare il nostro problema, e di creare ulteriori problemi per la realtà che siamo chiamati a gestire. Persino le mamme ascoltano, quando il figlio ha difficoltà serie, le loro colleghe, il pediatra o lo psicologo. Certo, non con piacere, all’inizio.

La gestione del proprio sé è molto più ardua della gestione di qualsiasi multinazionale. E segue altre logiche, che possiamo però apprendere.