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Vacanza come “vacatio”

  • Tipologia: Articolo

Pensieri in vacanza di Giovanni Siri

Si fa presto a dire “buone vacanze”.

Ma che diamine significa di fatto? Cos'è la vacanza? È sempre esistita o è cosa moderna? E quando si può dire che una vacanza è stata “buona” o invece no?

Ecco, forse nella vacanza ci sta anche prendersi il tempo per “oziare mentalmente” (l’otium era per gli antichi romani il momento di vacatio, lo vedremo) e domandarsi cose su cui di solito non ci passa per l’anticamera del cervello di soffermarci. È una delle libertà delle vacanze: dare tempo a cose inutili, oziose, prove di scopo. Quindi celebriamo qui, lasciando ronzare i pensieri attorno al senso della vacanza, un aspetto decisivo della sua condizione!

Il primo indizio in questa indagine spensierata ci viene per l’appunto dalla parola latina vacatio: per loro significava il venir meno della copertura di un ruolo o una funzione pubblica; ancora adesso, infatti, si parla di vacatio quando rimane scoperta una carica pubblica importante, come per esempio il seggio del papato o il seggio della presidenza (che si dicono seggi “vacanti”, dove il riferimento al “seggio” risale naturalmente al senato romano, in cui ogni senatore aveva il suo seggio e in cui il numero di seggi era definito e andava sempre saturato.

Quindi vacanza-vacatio nasce per indicare un ruolo per cui viene a mancare chi lo svolga, ma che non può rimanere tale a lungo perché è necessario che quel compito venga svolto da qualcuno che se ne deve occupare. Quindi la vacatio indica il venire a mancare temporaneamente di qualcosa di necessario per il bene sociale: la mancanza di qualcosa di necessario che può durare solo un periodo breve (perché altrimenti la macchina sociale non può funzionare bene). In questo senso la vacanza è un “difetto”, e non dovrebbe esistere: è una fase di crisi del sistema che va risolta al più presto.

D’altro canto la vacatio di un ruolo consente anche il ricambio, il rinnovamento. A parte il promoveatur ut amoveatur (promuovere qualcuno a un ruolo superiore pur di toglierlo da una funzione in cui sta facendo danni, siamo abituati a parlare di “ricambio generazionale” nei ruoli di potere e di responsabilità sociale, e più in generale il “rinnovamento” spesso prende le mosse dal cambiare le persone che occupano ruoli chiave, oppure nell’inventarsi ruoli e cariche nuove (come qualche decina d’anni o fa accadde in azienda per il ruolo del CEO).

L’idea di vacanza dunque, vista da questo lato, indica una carenza da risolvere in fretta. Del resto anche noi usiamo dire che «mica è sempre vacanza» o «sarebbe bello essere sempre in vacanza», frasi sempre dette con il tono di rimpianto di chi sa bene che non è possibile, e non sarebbe neppure possibile, una società in cui tutti sono sempre “privi di responsabilità di ruolo” verso la macchina sociale che deve funzionare, per il bene di tutti. In effetti le funzioni e i ruoli non vanno mai in vacanza: le ferrovie non si fermano, come gli acquedotti o gli ospedali. Uniche eccezioni la scuola e la politica…

Insomma, la vacanza nasce non associata a ciò che oggi è nel nostro vissuto: una cosa bella, piacevole, positiva, che vorremmo durasse per sempre.

Per le civiltà classiche l’importante non è infatti il benessere del singolo ma la salute e il buon funzionamento della città, della comunità: una cosa del tutto aliena dalla nostra attuale prospettiva, in cui la società deve occuparsi del benessere degli individui e non viceversa.

Quello che oggi ci appare normale e giusto (come si potrebbe pensarla altrimenti!?) diventa tale solo molto recentemente, e prende corpo decisamente solo negli anni ’60 del secolo scorso. Il che vale però per le masse: per le aristocrazie prima e per i borghesi arricchiti poi la situazione è stata sempre un po' diversa. Nei prossimi “pensieri in vacanza” ozieremo incuriositi su questi aspetti. 

 

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