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Spunti di riflessione

 

La foresta, non l’albero!

A cura di G.Siri

È appena uscito il rapporto 2022 Global Talent Trends, curato da Linkedin sulla base delle opinioni espresse dai “professional” partecipanti alla sua rete: una sorta di Delphi (ascolto di osservatori privilegiati, ovvero opinion makers nella comunità professionale).

Un metodo che ha il grave limite di favorire l’equivoco di scambiare le opinioni con i fatti e di assumere come oggettiva la prospettiva di chi ha costruito la scaletta delle domande. Naturalmente è interessante sapere come persone che hanno una qualche responsabilità decisionale rappresentano in un'intervista la situazione, e la numerosità su cui può contare Linkedin consente di apprezzare in modo affidabile le convinzioni o sensazioni che circolano. Riguardando persone che hanno un qualche potere di cambiamento l’informazione ha un suo peso, anche se non dobbiamo scambiare facilmente il racconto con la reale consapevolezza e tanto meno con l’effettiva volontà di tradurre quanto si va raccontando con quanto si va facendo.

Premesso questo (e sappiate che ho fatto questa premessa per frenare il mio ottimismo, non per screditare l’output di questa survey!) ciò che emerge dalla statistica delle risposte ottenute è molto interessante. Lo scorso anno questa rilevazione aveva messo in luce come chi cerca lavoro sia interessato soprattutto a due cose: l’equilibrio vita-lavoro seguito a ruota da un buon compenso (con benefit di effettivo supporto personalizzato). Un mix che sta caratterizzando la Gen Z (quella che sta effettivamente entrando ora nel mondo del lavoro), un’attesa poco comprensibile per i manager Boomers o X e irritante per i Millennials che avrebbero voluto chiedere le stesse cose ma non ne avevano avuto la forza.

Ora, voi capite: queste due richieste mettono in crisi lo stereotipo culturale del dipendente che (come dice la parola stessa) dovrebbe stare down e non pretendere la botte piena e la moglie ubriaca. Dall’altra parte la GenZ prende semplicemente sul serio (per ragioni abbastanza profonde relative a come si struttura la loro identità personale, che qui non possiamo raccontare) il fatto che il lavoro è per la vita e non la vita per il lavoro. E non solo nel senso che bisogna avere del tempo libero (questo andava bene a X e Millennnials, magari), ma proprio nel senso (come dice lo Zukunft Institute molto bene) di un’integrazione armonica di vita e lavoro (guardate una qualunque serie di successo per vedere rappresentato questo ideale ormai diffuso nell’immaginario collettivo pilotato da Hollywood) in cui è il mio progetto di vita a fare da perno e il lavoro da alimento… sono finiti i bei tempi (in cui per esempio è cresciuto chi scrive) in cui il lavoro subordinava a sé tutto il resto!

Il maturare di questo megatrend detto work-life balance (ma, come detto, non più di “balance” si tratta, ma di armonizzazione del lavoro alla luce del progetto di vita) porta la rilevazione di quest’anno ad ammetterne la conseguenza inevitabile: le richieste anomale della Gen Z non sono il problema ma piuttosto un sintomo del problema: è solo l’albero figlio di una foresta assai più grande. La foresta è la necessità di ripensare la cultura organizzativa (o del lavoro, del workplace) nel suo insieme e nella sua visione del mondo, della società e delle persone. Ed è proprio questo il tiolo dato al rapporto.

Molti articoli stanno insistendo sul fatto che ripensare la cultura organizzativa sia un buon affare, e anche il rapporto Linkedin riporta un dato che testimonia come questa opinione sia diffusa in tutto il mondo. Dicevo che questi dati (assieme a molti altri studi, riflessioni, blog delle maggiori società di consulenza e anche di parte degli studiosi più accademici) inducono ottimismo. Perché? Perché sono segnali del fatto che si sta cominciando a capire che non si può tenere a galla la nave aziendale continuando a mettere cerotti ai buchi che si stanno aprendo, ma bisogna rimettere mano al progetto dello scafo. Se hai uno yacht studiato per navigare nelle calde acque dei Caraibi non puoi pensare di avventurarti tra i ghiacci artici semplicemente accendendo dei falò sul ponte, bruciando le suppellettili estive dell’arredamento…

Certo, come mi dicevo inizialmente siamo alle parole… ma parole di chi è dentro l’azienda e può in qualche modo incidere sul capitano; è quindi un buon segno.

Ma, e qui sta il busillis, avremo il tempo? I megatrend stanno facendo ruzzolare velocemente la storia, eventi imprevisti stanno accelerandone il corso. Il cambiamento avverrà: sta a noi riuscire a cavalcarlo con il surf dell’intelligenza consapevole o lasciarci travolgere dall’onda. Da cui poi qualcuno ricomincerà, ma con tempi più lunghi e lasciandosi dietro molti rimasti sott’acqua. Mah! Intanto prendiamoci il buono che questa indagine, assieme a molti altri indizi, ci offre…

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