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Spunti di riflessione

 

Arriva la GenZ, anche sulla scena del lavoro: saranno più "gestibili" dei millennials?

Millennials at work è stato ed ancora è un focus di attenzione e di ricerca per HR e imprese in generale, visto che l’approccio al lavoro di questa generazione non si può comprendere usando i parametri validi per le generazioni boomer e X che queste imprese le hanno create e gestite fin qui (e ancora ne occupano i ruoli apicali).

Il problema chiave dei millennials (meno avvertibile in Italia per via di un mercato del lavoro pesantemente condizionato da un mix letale di assistenzialismi e carenza di posti di lavoro) era la loro “infedeltà” e la domanda di flessibilità, unitamente alla tendenza a fare gruppo con altri millennials ma con l’esigenza di tutoring senior non autoritario.
Col 2019 la generazione Z (nati tra il 1995 e il 2010, seguendo le cohorti statistiche proposte dal PeW, il più antico e autorevole centro di ricerca sulle generations) entra sempre più massicciamente nel mondo del lavoro: considerando che si tratta di una generazione ancora più numerosa dei millennials (in Italia ancora una volta questo è meno vero per la contrazione delle nascite) si tratta di un fenomeno non da poco.
Conseguentemente ha preso da qualche tempo il via la corsa a “comprendere” questa nuova generazione, come al solito con dati parziali, di superficie, non garantiti da omogeneità di metodo e di concetti: uno stato di cose che ha il suo perché, come abbiamo indicato nel lavoro sui millennials. Come che sia, la speranza degli osservatori interessati è che la generazione Z sia più ordinata e gestibile di quella che la precede, come farebbe sperare il loro orientamento etico e valoriale e la loro maggiore stabilità emotiva (evidenziate di recente anche dalle manifestazioni pro-sostenibilità). Dunque la domanda è la seguente: dopo la generazione sperduta e instabile (dal pdv di un HR o un manager) dei millennials torneremo finalmente a dei giovani “lavoratori” (ma non usate con loro questa definzione!) affidabili e stabili? E’ il tema del seguito del lavoro sui millennials di cui sopra, in attesa di reperire dati il più solidi possibili e modelli di ragionamento sensati nello scenario dell’impresa e del lavoro futuro: ma intanto possiamo a mò di stimolo proporre qui alcuni dati raccolti da Linkedin Learning sugli Z al lavoro (Linkedin ha da qualche tempo aperto una sorta di osservatorio sociale sistematico). Linkedin ha svolto (attraverso i suoi canali, ovviamente) un'indagine (questionario) con questo campione USA:
LinkedIn conducted a survey of 400 learning and HR professionals at small, medium, and large U.S. companies to understand how they are planning for a successful year of development for all learners; and conducted a survey of more than 2,000 Generation Z, composed of those born between 1995 and 2010, which means that the oldest participants are about 22 and are just entering the workforce.
Un primo segnale (parlare di dati generalizzabili sarebbe inadeguato al campione limitato e solo USA) interessante sta nella consapevolezza che la genZ dimostra per il tema degli skill:


Nearly all agree skills today are changing faster than ever, and Gen Z is keen to learn them.
• 76% of Gen Z professionals feel that the skills necessary in today’s workforce are different from the skills necessary in past generations.

Similarly, 91% of L&D leaders agree the skills necessary for today’s workforce have changed
• The majority of Gen Z (59%) don’t feel their job will exist in the same form 20 years from now

Coerentemente a queste convinzioni gli Z della indagine Linkedin affermano l’importanza dell’apprendimento, sottolineando però che apprendere serve si a sviluppare i nuovi skill continuamente in evoluzione ( quindi a migliorare la qualità del proprio lavoro e il carnet di competenze personali) ma anche a guadagnare di più (non sono solo romantici, questi Z):

z1.png

Inotre, altro segnale interessante dalla indagine Linkedin USA, la consapevolezza della necessità di apprendere convive negli Z con la scarsa disponibilità ad un apprendimento d’aula tradizionale: occorrono quindi percorsi molto autogestiti e iperflessibili, utilizzando probabilmente strumenti virtuali o digitali in genere:

z2.png

Del resto una paralella ricerca Deloitte su learning leaders aziendali riporta i seguenti risultati:


Three in 4 learning leaders are already preparing for Gen Z’s debut in the world of work
• 98% agree that Gen Z learning preferences will differ from previous generations
• 74% plan to make changes to their L&D program to accommodate Gen Z workers
• 84% said they were confident they know what Gen Z will need, including doubling down on soft skills, especially communication, teamwork and time management


A quanto pare, pur essendo questa nuova generazione al lavoro ben orientata rispetto alla necessità di aggiornamento formativo, il compito di sviluppare modalità e contenuti adeguati alla loro prospettiva non sarà facile. Né sembrano essere così disinteressati al denaro, anche se va capito cosa significhi per essi in un contesto di lavoro.


Giovanni Siri