Skip to main content

Spunti di riflessione

 

La centralità delle persone e l’antropologo extraterrestre

Dall'io al noi - A cura di Giovanni Siri

Della centralità delle persone sentiamo ormai parlare con tale abbondanza che un extraterrestre arrivato da noi nutrito solo di pubblicità, libri di marketing e business e discorsi dei politici (occidentali) avrebbe tutto il diritto di aspettarsi una specie umana dedita al bene degli altri, subordinando la crescita del potenziale delle persone ogni altro valore a partire dal guadagno e dal potere. Rimarrebbe certamente deluso e non capirebbe (essendo figlio di una galassia in cui le parole riflettono le intenzioni e le intenzioni guidano le azioni: un mondo quindi assai diverso dal nostro) come tutto questo parlare di centralità delle persone conviva con la crescente diseguaglianza di benessere e di opportunità, con lo stato di depressione diffuso, con l’imparità di genere e di generazioni, con la montante sfiducia nelle istituzioni e nel prossimo…e così via.

Se poi stesse un po' qui con noi si accorgerebbe probabilmente (essendo stato mandato qui come antropologo e studioso di scienze sociali per relazionare sui nostri modi di vivere ed organizzarci) di incongruenze meno imponenti ma per certi versi  ancor meno comprensibili. Per esempio scoprirebbe che il fervore per la centralità delle persone fermenta soprattutto nella pubblicità e costituisce una strategia di marketing: insomma scoprirebbe che la manipolazione di marketing usa tecnologie sopraffine per conoscere e mostrare di assecondare i nostri desideri, che peraltro essa stessa suscita e alleva.

Si accorgerebbe dunque che la centralità delle persone (come la liberazione dei desideri, il “just do it” di ieri) è oggi un “argomento seduttivo” della persuasione di massa, per dirla piatta uno “strumento di vendita”. Indotto da questa scoperta a dilatare lo sguardo sul processo di produzione nel suo complesso, si imbatterebbe a questo punto con una pletora di studi, ricerche, discorsi e raccomandazioni di guru assortiti sul fatto che anche nell’organizzazione produttiva si parla da qualche anno (con esponenziale convergenza) di centralità della persona nel “workplace”.

Engagement, empatia, employees experience, leadership tutoriale, fiducia, bonding e branding aziendale, appartenenza alla squadra e al team. Potrebbe entusiasmarsi scoprendo che questa strana specie sta addirittura dicendo
che non basta neppure più il work-life balance ma occorre una reale sinergia armonica tra vita e lavoro…Tutto questo prima di andare a vedere, mimetizzato da worker terrestre per effettuare una osservazione partecipata, come questa meravigliosa idea si realizzi praticamente. 

Dopo avere visitato in guisa mascherata un congruo numero di aziende, scriverebbe nella sua relazione all’accademia del suo lontano pianeta, di come qui si parli molto di mettere le persone al centro, intendendo però di fatto valorizzarle allo scopo precipuo di incrementare il reddito d’impresa più al fine di favorire davvero la loro crescita di persone e di professionalità. E spiegherebbe forse che questo accade perché gli umani fanno come nei tempi antichi si faceva nel pianeta da cui lui proviene: uno strano pianeta in cui prima si costruivano le città e le abitazioni e poi si pretendeva che le persone si adattassero a quanto progettato nella logica di un funzionamento efficace delle “cose” e non degli abitanti. Al punto che alla fine le persone-inquilini avevano disertato le città preferendo arrangiarsi a cavarsela da sé nelle zone rurali o nei piccoli tradizionali borghi. L’osservatore extraterrestre avrebbe potuto completare il suo report citando per il pianeta terra l’analogo caso di Brasilia, e quello delle nuove generazioni: in entrambi i casi infatti anche qui i terrestri avevano disertato allora la città di Brasilia come oggi i giovani disertano le “fabbriche”.

Chi tra di noi terrestri avesse scoperto casualmente questo esploratore galattico e avesse potuto dialogare con lui, come avrebbe potuto rispondere ai suoi dubbi? Con una sola argomentazione: dicendogli che la nostra specie usa le grandi idee di cambiamento per mantenere lo status quo, ma che questo è uno stato iniziale perché poi alla lunga le idee pretendono di farsi realtà e in parte almeno ci riescono. Quindi lui ha avuto la sfortuna di capitare in questa fase iniziale: il futuro realizzerà quelle idee, tra qualche tempo e macinando nel frattempo la vita di molte persone, di quelle che diciamo esserci così care e centrali.

Ma per fortuna si tratta solo di una fantasia. Come quella delle persone al centro delle istituzioni, della produzione, della cultura organizzativa. Per ora al centro ci sta l’io e il mio: incluso il mio modo di intendere l’organizzazione produttiva. Ma la semina è cominciata, sia pure strumentalmente e come sempre il futuro è già tra noi.

Tempo di lettura: 1min