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Spunti di riflessione

 

Fate presto! Il futuro del lavoro è già qui.

 Da molte fonti autorevoli, una per tutte il Web Economic Forum, sale un pressante invito ai capitani d’industria e ai governi a non perdere altro tempo sul fronte del lavoro e del fare impresa dinnanzi ad un cambiamento che non è una evoluzione in continuità ma una rivoluzione in discontinuità, o meglio una mutazione vera e propria.

Benché si stia diffondendo la sensazione che non si possa stare ad aspettare che “finisca il polverone” per poi decidere con “chiarezza” (in realtà il “polverone” non si depositerà più, l'ipercomplessità non linearmente prevedibile e controllabile sarà il tratto di un futuro che è già qui) l’esitazione ad affrontare il mondo della quarta rivoluzione industriale e una diversa era, una diversa visione del mondo e della società è forte. Comprensibile umanamente ma assai rischiosa per la società e le imprese.

In questo surplace (accentuato in Italia, dove per vetera abitudine ancora si aspettano decisioni dall’alto e protezioni politiche come nel passato più che cercare il futuro) si fanno strada alcune convinzioni, almeno nel resto del mondo.

Intanto si sta convergendo sui fattori che stanno già incidendo sul lavoro e sull’impresa:

  • Technology
  • Recruitment
  • Development

Più specificatamente le urgenze per impresa e lavoro appaiono essere le seguenti:

  1. Individuare con urgenza i tipi di talenti di cui ha bisogno la mia impresa ( e dicesi talenti, non competenze o skills)
  2. Valutare bene l’impatto della tecnologia con cui la gente della mia impresa e i miei clienti lavorano
  3. Monitorare con attenzione i rapidi cambiamenti del mio mercato sia per le innovazioni e i competitors sia per desideri attese e stili di vita dei miei consumatori/clienti.

Fin qui nulla di davvero nuovo: si tratta solo di guardare in faccia la realtà. Meno ovvio è l’affiorare della sensazione che per poter affrontare la dinamica di questi macrofattori non basti un piano di azione o una delega a consulenti esperti, ma occorra un cambiamento di mentalità dei leader.

In buona sostanza assistiamo al ritorno di un rimosso: la cultura d'impresa. Così per es. un recente articolo sulla rivista HRExchange, alimentata da studiosi e da esperti diretti di HR per avere lavorato sul campo, intitola: Culture is the Future of Work. L’autore (Mason Stevenson) indica che i CEO e responsabili di HR sono ormai consapevoli che dietro la strategia per affrontare le tre sfide attualmente sul tavolo sopra ricordate occorrono persone con tratti mentali/culturali che una ricerca empirica individua così (in USA):

top cultural.png

Il dato riferito è del resto convergente con un ancora più solido output rilevato dal Web Economic Forum da cui emerge un chiaro trend nel tempo verso questa stesse dimensioni mentali/culturali:

future jobs.png

Ciò detto però non è chiaro cosa ne consegue per l’Impresa: dobbiamo forse affiancare psicologi della personalità agli HR e selezionare individui “dotati” di queste caratteristiche? O dobbiamo lavorare a creare una cultura di Impresa che stimoli e allevi questo tipo di mentalità e cultura?

Facile dire che dobbiamo agire su entrambi i versanti: ma nessun talento naturale può cambiare di per sé il contesto in cui vive e da cui dipende. Quindi occorre in primis lavorare sul contesto, sul team, sul gruppo, creando modalità di lavoro e di involvement (per favore non parliamo più di engagement) che consentano il liberarsi e il ristrutturarsi di energie agili, aperte, flessibili, ideative, motivate, orientate a fondere il proprio senso personale con l’esperienza di lavoro e di appartenenza alla impresa e al team di lavoro.

Ciò significa ovviamente ripensare il senso del lavoro e il destino dell'Impresa, in un mondo e in una società che cambiano, con generazioni diverse da quelle che hanno fatto l’impresa e pensato il lavoro in un certo modo. Ma ovviamente questo non si può fare in modo movimentista e solo bottom up: i capi devono attingere alle loro speciali energie ed intuizioni ed essere loro i primi a entrare nella nuova visione, nella nuova cultura del lavoro e del fare impresa domani, evolvendo consapevolmente la loro mentalità, la loro visione, la loro cultura. Per arrivare a questo devono resistere alla tentazione fortissima di resistere in attesa di eventi, e alla paura di perdere il loro ruolo o smarrire parte della loro identità. 

E’ un passo difficile ma che darà a chi lo vorrà affrontare il senso di una reale crescita anche personale: come sperimentarono i proprietari terrieri inglesi che nell’800 seppero convertirsi alla società industriale per produrre e valorizzare i beni delle proprie terre, scegliendo di divenire leader di un nuovo mondo e non difensori di un antico potere.

                                                         Giovanni Siri