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Approfondimenti Human Side Metrics

alcuni articoli scritti dal Prof. G.Siri

 

La scelta di non scegliere è un lusso che non possiamo più permetterci - parte 2

Parte 2/3 - A cura del Prof. Giovanni Siri

Clicca per vedere:  Parte 1 e Parte 3

In buona sostanza dunque ogni società/cultura per esistere e resistere sceglie di mettere in ombra alcune realtà che pure sono evidenti per dare luce e colore a quelle che più ne rafforzano la identità e credibilità: in modo del tutto analogo agiamo noi quando nel raccontarci agli altri (e in particolare a coloro dei cui favori abbiamo bisogno) mettiamo in luce gli aspetti in grado di rafforzare la nostra immagine agli occhi degli altri e/o la nostra autostima ai nostri stessi occhi.

Così per esempio oggi la nostra società ci rende “sordi” alla realtà della crisi ecologica, nonostante le evidenze concordi dei dati e degli scienziati (sotto l’andamento della curva della CO2 e della temperatura: dati indiscutibili). Accanto alle pompose quanto inefficaci ad oggi dichiarazioni internazionali (Kyoto, Parigi) prosperano social, dicerie, noising, sedicenti scienziati in cerca di “visibilità” che agevolano la possibilità di pensare e credere che non c’è una oggettività dei dati. E questo anche se ognuno fa esperienza di estati più calde, clima più irregolare, inquinamento e deforestazione, eccetera.

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Un altro caso di cultural blindness di cui si parla molto ma quasi non ci riguardasse è quello della ineguaglianza nella acquisizione e distribuzione (tassazione) delle ricchezze. È ormai dal 2015 che i dati su questa crescente asimmetria per cui la ricchezza del mondo continua ad aumentare (si, nonostante la crisi 2008, il Covid, i conflitti geopolitici) concentrandosi sempre più nelle mani di pochi (per giunta trattati con favore dal fisco, sarà perché buona parte del debito sovrano dei governi sono in mano dei “giganti economici” privati?).

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E dunque? Dove vogliamo arrivare? Presto detto: voglio arrivare a ri-focalizzare la Vostra attenzione sulle corporate blindness, cioè sulle aree in ombra ma reali che esistono anche nella cultura aziendale. E non per puro gusto “critico” ma piuttosto (come del resto raccomanda anche il World Economic Forum) per salvaguardare le imprese e il loro potenziale rispetto ai rischi che si corrono, in tempi di cambiamenti, ignorando le faglie tenute fin qui fuori dal focus di attenzione. È da lì che arrivano le sorprese della storia e la crisi delle istituzioni: nel 1789 a Versailles non “vedevano” né i sanculotti ridotti alla fame né i salotti culturali degli illuministi, eppure questi due fattori portarono la regina dalla splendida reggia di Versailles alla cupa prigione della Conciergerie.

Il caso delle Aziende non può essere diverso: come ogni organizzazione deve scegliere cosa mettere in focus e cosa lasciare in ombra. È il prezzo da pagare per dare corpo organizzato a qualsiasi cosa umana, e per molti versi l’effetto di “restrizione del raggio di attenzione” vale ancora di più per le aziende così come vale per un esercito in guerra.

La necessità di prendere decisioni, il rischio di fallire, la complessità dei livelli esistenti in una azienda (azionisti, processi produttivi, leggi e burocrazia, tecnologia, fornitori, società intorno, ambiente…) non è tollerabile se non a prezzo di una severa focalizzazione. Il che funziona finché il contesto e gli obiettivi rimangono in un range di stabilità ridotto, ma pone a rischio di crisi quando ci si viene a trovare in una situazione di rottura di continuità con queste due premesse. Il che è quanto sta accadendo oggi e che stiamo cercando di non vedere, seguendo l’automatismo cui siamo portati: ma non saranno i riflessi condizionati (o culturalmente acquisiti) a permetterci di attraversare con successo un cambiamento 2.

 

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